Quando mangiare salumi e affettati a dieta?

salumi, affettati a dieta

Sulla carne e in particolare i salumi, c’è un consenso unanime a limitarli nella dieta, sia per ragioni caloriche ma soprattutto legate alla salute.

Nel 2015 l’International Agency for Research of Cancer (IARC), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha stabilito che le carni processate rientrano tra i cancerogeni certi del gruppo 1, che comprende tra gli altri l'amianto, l'alcol etilico, il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus; mentre le carni rosse rientrano nel gruppo 2A, cioè tra le sostanze probabilmente cancerogene per l'uomo. A queste conclusioni sono arrivati dopo aver riesaminato circa 800 studi epidemiologici che mettevano in relazione le carni rosse e l’insorgenza di cancro, la cui valutazione è stata pubblicata su Lancet Oncology.

Cos’è la carne processata?

Tutta la carne che subisce trattamenti tecnologici quali stagionatura, salatura, aggiunta di conservanti, affumicatura ecc., allo scopo di essere conservata a lungo e consumata nel tempo. Parliamo quindi dei salumi in generale, dei wurstel, le carni in scatola e di diversi piatti pronti a base di carne.

Nel 2019 un gruppo di esperti mondiali, pubblicano un articolo su Annal of Internal Medicine nel quale sovvertono le conclusioni dell’IARC, suggerendo di continuare a consumare porzioni ragionevoli di carni rosse e trasformate. Sono arrivati a questa raccomandazione dopo aver analizzato 5 revisioni sistematiche di studi clinici, dalle quali non è scaturita una relazione di causa-effetto sul consumo di carne e tumori.

Come mai questi pareri così contraddittori? Come stanno le cose? Vediamolo.

Cosa sono i salumi?

Innanzitutto capiamo cosa sono i salumi e perché sono considerati carni processate.

I salumi sono tipicamente prodotti a base di carne di maiale (o di bovino nel caso della Bresaola), trattati con sale e stagionati, oppure derivati da insaccamento di carni macinate e salate. Il termine salume deriva appunto da “sale”. Sono quindi carni lavorate e stagionate e per questo non rientrano nella stessa categoria delle carni fresche.

Salumi o affettati sono il prosciutto crudo o cotto, il salame, la mortadella, bresaola, pancetta, coppa, culatello, capocollo, porchetta ecc.

La stagionatura lunga, l’asciugatura, l’aggiunta di sale, di conservanti e a volte l’affumicatura, ne determinano la protezione nei confronti dei batteri che altrimenti finirebbero per far andare a male la carne nel giro di pochi giorni. Ci sono poi dei batteri patogeni, come il botulino, la listeria o la salmonella, che sono contaminanti usuali dei salumi, molto pericolosi per la salute, in alcuni casi possono provocare anche la morte. Ed è proprio per prevenire lo sviluppo di questi pericolosi contaminanti microbici, in particolare il botulino, che diventa indispensabile l’uso di conservanti che, come vedremo tra poco, sono il motivo principale per cui l’IARC ritiene i salumi pericolosi per la salute.

Perché i salumi sono cancerogeni?

Gli studi epidemiologici non hanno ancora definito con chiarezza quali siano i fattori presenti nei salumi che causano i tumori. La cosa certa è che sembra che sia il ferro-eme, sia alcune sostanze come le nitrosammine sono i responsabili.

Cosa contengono i salumi? Se leggete le etichette dei principali salumi, ritrovate sempre gli additivi E240 ed E259, cioè nitriti e nitrati. Sono additivi chimici aggiunti nelle carni conservate proprio per la loro capacità antimicrobica.

Vengono utilizzati fin dal dopoguerra, quando nacque l’esigenza di conservare le carni per lunghi periodi. Ma l’importanza di nitrati e nitriti non è solo per l’azione che esplicano sui batteri, ma anche per via delle loro caratteristiche chimiche, per le quali sono in grado di prevenire l’imbrunimento della carne esaltandone la colorazione rossa. In verità circa il 30% del quantitativo di nitrati utilizzati nei salumi fungono da antimicrobici; il restante 70% viene aggiunto proprio per favorire la colorazione rosso viva del prodotto, che altrimenti sarebbe meno appetibile agli occhi del consumatore.

Nitrati e nitriti, a contatto con l’acidità del nostro stomaco, si trasformano in nitrosammine, sostanze riconosciute cancerogene da molto tempo. Tanto è vero che già nel 1995 la Commissione Europea, con la direttiva 95/2/CE, ha stabilito i quantitativi massimi di nitriti e nitrati da poter usare per ogni chilogrammo di alimento.

Quali sono i tumori più a rischio con il consumo di carni trasformate?

Sono principalmente quelli a carico dell’apparato digerente, in particolare il colon-retto, e poi pancreas, stomaco ed esiste un’associazione anche con il cancro alla prostata.

Quanti salumi si possono mangiare per evitare il rischio di cancro?

In base all’analisi di 10 studi condotta dall’IARC, 50 grammi di carni lavorate al giorno aumenterebbero il rischio di sviluppare il tumore del colon-retto del 18%. Chiaramente più aumenta il consumo di salumi, più aumenta il rischio.

Gli studi ai quali si riferisce lo IARC sono indagini epidemiologiche, cioè studi osservazionali di tipo statistico che non riescono a discriminare i vari fattori che possono incidere sulla manifestazione della malattia (stile di vita, tipo di dieta, sedentarietà, stress).

Le meta-analisi e le revisioni sistematiche invece indagano la relazione causa-effetto tra l’agente indiziato (in tal caso i salumi) e la manifestazione della malattia, confrontando i parametri clinici di diversi gruppi di pazienti che consumano abitualmente salumi con altri gruppi che non li consumano.

Insomma, i dati attuali provenienti dai dati clinici, non sono sufficienti e non permettono di definire una porzione massima giornaliera o settimanale che possa definirsi sicura. Questo non significa che bisogna bandire totalmente i salumi, ma può essere ragionevole limitarne il consumo a una o due porzioni a settimana.

Quanti nitrati ci sono nei salumi?

Non tutti gli affettati sono uguali in termini di rischio. I salumi che mediamente contengono quantità più elevate di nitrati e nitriti sono salsicce secche (salame), prosciutto cotto, wurstel, mortadella, speck. Nell’accezione comune sembra che il prosciutto cotto sia il salume migliore, quello consigliato anche per i bambini. Non è così, anzi, per via del processo di lavorazione, il prosciutto cotto è uno di quelli che ha maggiore necessità di conservanti.

Ecco una tabella frutto di uno studio del 2013 da parte del Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia Romagna, in collaborazione con il CRA (Centro Ricerche Agro-alimentari) nella quale sono evidenziati i contenuti medi di nitrati e nitriti.

Ci sono salumi senza nitrati?

In pratica solo il prosciutto crudo può vantare l’assenza di nitrati e nitriti, grazie soprattutto al lavoro del Consorzio del Prosciutto di Parma e del Consorzio Prosciutto San Daniele che per primi, fin dagli anni ‘90, hanno iniziato a produrre prosciutti senza alcun conservante, a parte il sale naturalmente.

Salumi magri

Parlare di salumi magri sembra un pò un ossimoro. Non ci sono davvero salumi magri, se non quelli prodotti da carni diverse dal maiale, come il pollo o il tacchino. La bresaola è di fatto il salume più magro perché ottenuto dai tagli magri del bovino come la punta d’anca e la fesa. Come si evince dalla tabella seguente, estratta dal sito dell’Associazione Italiana Salumi, il quantitativo medio dei grassi negli anni è diminuito grazie al miglioramento della razione alimentare dei suini.

Conclusioni

Per concludere possiamo sappiamo bene che i salumi si ritrovano all’apice della piramide alimentare, quindi tra gli alimenti meno consigliati per la salute. Sono alimenti tendenzialmente grassi, tranne la bresaola e il prosciutto cotto, sono tutti troppo ricchi di sale e, a parte il prosciutto crudo, contengono conservanti pericolosi per la salute.

Sono anche un’ottima fonte proteica e contengono vitamine del gruppo B, quindi assimilabili alla carne fresca e non vanno completamente demonizzati. E’ chiaro che non va bene il panino al prosciutto tutti i giorni per la merenda a scuola dei bambini, e nemmeno in pausa pranzo per gli adulti. Solo vanno consumati con moderazione, magari nel week end, una o due volte a settimana, attenendosi alla porzione raccomandata di 50g e possibilmente prediligendo il prosciutto crudo nazionale perché privo di conservanti.

Bibliografia e fonti:

  1. The Lancet: Carcinogenicity of consumption of red and processed meat;

  2. Annals of Internal Medicines: Unprocessed Red Meat and Processed Meat Consumption: Dietary Guideline Recommendations From the Nutritional Recommendations (NutriRECS) Consortium;

  3. IARC: Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat

  4. AIRC: Le carni rosse fanno venire il cancro?

Francesco Ferri | Tecnologo Alimentare

Tecnologo Alimentare e Nutrizionista, mi occupo di qualità degli alimenti e progetto piani alimentari personalizzati

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